Il 23 febbraio 2018 alle 16:30, nel Salone delle Scienze del Museo delle Civiltà – museo preistorico etnografico “L. Pigorini”, si inaugurerà la mostra collaborativa “The Making of a Point of View. Sguardi sulle collezioni indonesiane e malesi”, organizzata nell’ambito del progetto europeo SWICH – Sharing a world of Inclusion, Creativity and Heritage.
La mostra presenta quattro installazioni autonome, ognuna veicolo di quattro punti di vista differenti su una parte del patrimonio del Museo delle Civiltà. Alla consueta messa in scena degli oggetti, raccolti durante le esplorazioni geografiche dell’Ottocento, si mescolano i linguaggi dell’arte contemporanea, la narrazione autobiografica, l’approccio storico e museografico facendone materia di partenza per processi creativi, conoscitivi, formativi e di riscoperta. L’intreccio di questi elementi mette in moto un processo che sorpassa la linearità dell’esposizione classica.
La mostra non presenta solo le collezioni indonesiane e malesi del museo ma, come affermano le curatrici del progetto: “Abbiamo voluto mostrare diversi percorsi conoscitivi a partire da uno sguardo ravvicinato sulle collezioni. Abbiamo tentato di sconvolgere i consueti approcci dell’appartenenza culturale. Tutti abbiamo qualcosa da dire sugli oggetti, anche se non sono parte del nostro panorama culturale e identitario. Possiamo osservarli, manipolarli – fisicamente e concettualmente – e farne altro, fino a stravolgerne la loro forma. Abbiamo provato a forzare e spingere i confini di senso, spostando l’attenzione dagli oggetti ai soggetti che entrano in relazione con il patrimonio e ne riconoscono il valore”.
La prima installazione Oggetti in dialogo: narrazioni presenta il particolare punto di vista del viaggiatore-studioso Elio Modigliani che nel 1886 esplorò l’isola di Nias (Indonesia) raccontando la sua esperienza in quella che può essere considerata una delle prime monografie etnografiche: “Un viaggio a Nias” del 1890. Le osservazioni fatte sul campo danno voce agli oggetti e dialogano con materiali d’archivio, lettere, fotografie su un ideale tavolo di lavoro, che rappresenta il processo di creazione del percorso espositivo museografico.
Il secondo punto di vista, Oggetti in diaspora: riconnessioni, è costruito da un’istallazione multivocale, curata da Alessya, Anas, Isma, Evan, Viciana e Vivaldi, sei studenti indonesiani che hanno visitato i depositi del museo e scelto alcuni oggetti delle collezioni indonesiane, quali punti di partenza per raccontare storie ed esperienze personali, riconnettendo il patrimonio storico al loro vissuto, presentando in prima voce o attraverso interviste ad altri esponenti della comunità indonesiana alcuni aspetti legati ai contesti culturali di origine.
Oggetti in transito: trasformazioni presenta il lungo lavoro di coinvolgimento dei ragazzi del Laboratorio fotografico del Centro CivicoZero, coordinati da Yves Legal, Andrea Alessandrini e Mohamed Keita. Il percorso di collaborazione, iniziato nel 2015 nell’ambito del programma di audience development “Narrazioni da Museo a Museo” a cura dell’Ufficio Public Engagement del MAXXI a partire dalla mostra “Transformers” e dall’istallazione Disarm di Pedro Reyes (MAXXI, novembre 2015 – marzo 2016), si è focalizzato sull’idea della trasformazione degli oggetti, in particolare armi, in strumenti di dialogo e incontro culturale. Fotografie e collages, realizzati dai ragazzi di CivicoZero, trasformano alcuni pezzi delle collezioni transitandoli verso i linguaggi della creatività.
Il tema delle armi è centrale anche nell’intervento artistico di H.H. Lim, Origine del dettaglio, risultato di una residenza al Museo delle Civiltà realizzata nel 2016-2017. H.H. Lim indaga le armi e altri oggetti di difesa delle collezioni del museo connettendoli con il processo di creazione artistica. Il conflitto, la lotta diventa tutta interiore e si consuma su una serie di sei tavoli bianchi con frasi incise a bassorilievo, che sfidano e richiamano con la loro apparente neutralità il perenne cercare e ri-cercare del processo creativo. Come afferma l’artista: “Si tratta di una battaglia che si basa sul pensiero, sulla capacità di trovare sempre nuove soluzioni, sulla complessità delle decisioni che ogni artista deve prendere all’interno del proprio studio. L’accostamento degli oggetti del museo con i tavoli crea un dialogo tra elementi molto lontani tra loro, anche nel tempo, ma riesce a stabilire un punto di contatto che reputo davvero interessante”.
La mostra si inserisce nell’ambito del progetto SWICH – Sharing a World of Inclusion, Creativity and Heritage, che ha la finalità di riflettere sul ruolo dei musei etnografici di fronte alle trasformazioni della società europea in un’ottica multiculturale. Il progetto (novembre 2014 – settembre 2018) ha previsto diverse attività tra cui residenze d’artisti, mostre collaborative, workshop e convegni. Il progetto SWICH è una naturale continuazione di precedenti progetti europei in cui il Museo Pigorini ha attivamente partecipato in qualità di partner e capofila: Ethnography Museums and World Cultures (RIME) and Réseau européen des Associations de Diasporas & Musées d’Ethnographie (READ-ME I & II), incentrati sul futuro dei musei etnografici e sulle pratiche di collaborazione tra musei e diaspore.
Le strutture allestitive della mostra sono state realizzate dalla Falegnameria ed Officina Sociale K_Alma, nata a Roma nel maggio 2017. Un laboratorio partito dal basso, totalmente autofinanziato, che ha cominciato a formare circa venti tra richiedenti asilo ed italiani inoccupati.